LA GRANDE LUCANIA: L’AREA PROTETTA PIÙ VASTA D’EUROPA
Verso l’unificazione di Basilicata, Calabria e Campania per creare la più grande area protetta d’Europa
La “Grande Lucania” con il suo patrimonio ambientale e storico, possa aspirare a diventare l’area protetta più vasta e attrattiva dell’Europa occidentale, questo il pensiero dell’associazione di valorizzazione “La Grande Lucania”. Di seguito la nota integrale.
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È opportuno, oggi, ricordare: c’era la Magna Grecia nel sud d’Italia e, non essendo più visi- bile istituzionalmente come una volta, è scomparsa nell’immaginario collettivo e nelle considerazioni generali. Non è così, perché essa è esistenzialmente presente: è l’origine, la linfa di una antica civiltà, lo stile di un modo di pensare dell’essere lucano e mediterraneo, che viene facilmente riconosciuto ed apprezzato in ogni dove. Come è presente in Ancel Keys, autore di «The art of greek cooking» e «The roman cookery book», benemerito ricercatore americano, padre putativo della Dieta Mediterranea, che battezzò la sua casa cilentana di Pioppi «Minnelea», alludendo all’ideale continuità tra l’antica scuola medica eleatica (le vestigia di Elea sono a pochi chilometri dalla sua vecchia residenza) e la moderna ricerca dell’Università del Minnesota sul modello alimentare mediterraneo. Riteniamo, pertanto, che la Magna Grecia con la sua scuola sia ancora, oggi, un riferimento di valori e di interessi poliedrici. Sulla base di queste valutazioni, analoga considerazione ci sentiamo di fare per la Grande Lucania che è sicuramente un contesto sociale e territoriale più ridotto ma comunque sempre espressione autentica della Magna Grecia. Vediamone le ragioni. Se un abitante della provincia di Potenza visita o gira per Sala Consilina, Padula o Sapri e dichiara le proprie generalità o intavola un rap- porto, qualunque sia, con qualcuno, spontaneamente scattano dei meccanismi umani che mettono a completo agio con l’occasionale interlocutore, che accompagna le proprie risposte con sincera affabilità e dichiara la propria disponibilità a fare delle cose insieme. Basta osservare, altresì, i comportamenti delle persone che risiedono nelle zone di frontiera come Brienza, Vietri, Salvitelle, Caggiano, ecc., per rendersi conto di quanto sia intensa la quantità e la qualità delle relazioni economiche e sociali ivi in atto. Questo è lo stato dell’arte: la Grande Lucania, come la Magna Grecia, è un teorema sociale sano e vegeto. Non a caso si ripresentano sul suo territorio istanze e movimenti popolari che riaprono un contenzioso, divenuto oramai classico, come già si accennava, che va sempre nella solita direzione: l’unificazione della Grande Lucania. È un senso di liberazione quello che si avverte nei lucani, che si sprigiona dalle discussioni giornaliere che si fanno nelle botteghe, negli uffici, nei caffè, che non ha trovato, fortunatamente, orientamenti di natura politica che, inevitabilmente, snaturerebbero la sua portata sociale e culturale. Per questo, se ne può parlare a cuore aperto, con- tenendo sia facili entusiasmi che ci sono, sia i pessimistici atteggiamenti incombenti sul suo futuro. La realizzazione di questo ambito pro- getto passa attraverso la mobilitazione avvertita e paziente delle popolazioni interessate. Oc- corre tempo! Lo sanno tutti. Le iniziative, in- tanto, che si stanno promuovendo nelle due regioni hanno il fine di tenere alto il livello di guardia su questo tema socio-politico avvincente e di assoluta attualità, diciamolo, perché coinvolge per il modo sentito con cui si presenta sul territorio. Si fanno incontri con persone che non si conoscono, non si sono mai vi- ste, di cui non si sa nulla, eppure ci si ritrova per discutere o per intrattenersi per lunghe ore. La scuola classica dell’agorà: discutere tra la gente è una millenaria consuetudine mediterranea sempre utile e ancora di moda. Allora si parli con tutti, con tranquillità, prendendo atto che il problema è nell’aria. Vuol dire che lo si respira e, se la questione viene fatta propria e poi approfondita con altre persone in modo semplice, succede spesso che queste l’accettino. È il metodo da adottare. Da portare avanti. Si cerchino altri luoghi opportuni. Ad esempio: le sedi consiliari, le associazioni culturali, i posti di lavoro, dove apertamente si possano avviare e presentare le nuove iniziative o diversi progetti che sono in corso di elaborazione, partendo sempre dal presupposto di salvaguardare le buone relazioni esistenti tra la Basilicata e la Campania. Con questo spirito, candidiamo alla discussione il nostro progetto: «La Grande Lucania: l’area protetta più vasta ed attrattiva dell’Europa occidentale». Un’ipotesi aperta che ci rassicura perché coniuga l’utopia con la realtà. Mannheim, sociologo di fa- ma, affermava che l’utopia nasce perché risale ad un bisogno, che sembra sorgere quando l’insoddisfazione verso una certa situazione sti- mola il desiderio di trasformarla. Ecco la Grande Lucania, la regione dei parchi. Come nasce? Il nostro ragionamento prende spunto dalla Legge Quadro sulle aree naturali del 1991. Con l’approvazione della Legge Quadro sulle aree naturali (LEGGE 394/91) l’intero territorio italiano è stato interessato dalla nascita di nuovi parchi nazionali regionali e di riserve naturali che costituiscono, in certi casi, per la loro estensione e contiguità, un vero e proprio sistema di aree protette. La regione Basilicata, per la sua notevole diversità di ambienti e paesaggi, specie animali e vegetali, associazioni vegetali o forestali, singolarità geologiche, formazioni paleontologiche, comunità biologiche, biotopi, processi naturali, equilibri idraulici e idrogeologici ed equilibri geologici, ha attualmente oltre il 30% del suo territorio sottoposto a regime di protezione ambientale. Basti ricordare che in Basilicata sono presenti il Parco Nazionale del Pollino, il più grande parco nazionale d’Europa, e il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. Le aree protette della Basilicata, in gran parte, sono in continuità geografica e naturale con le aree di eguale valenza naturalistica e antropologica delle regioni limitrofe, la Calabria e la Campania. In particolare, il Par- co Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese rappresenta la cerniera di connessione tra il Parco Nazionale del Cilento e Valle di Diano ed il Parco Nazionale del Pollino. Dalla rappresentazione di questo quadro si evince che eguali interessi ci sono stati in Campania dove, grazie alla sensibilità ecologica di 80 Comuni, nel 1995, è stato istituito il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano che, secondo in Italia per estensione, copre un’area di 181.048 ettari (il 62% dell’intera provincia di Salerno). Alla luce di quest’ampio scenario legislativo, che ha visto le Regioni Basilicata, Calabria e Campania molto attive nella definizione e gestione delle aree naturali protette considerate, riteniamo che ci siano tutte le condizioni per de- finire un Accordo di Programma tra le tre Regioni, con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente, le Associazioni ambientalistiche, le Associazioni agricole e le Comunità locali del territorio, al sensi dell’art. 2, comma 203, lettera c) della Legge n. 662 del 28 dicembre 1996 e in attuazione dell’art. 1, comma 5, del- la Legge n. 394 del 6 dicembre 1991, per l’istituzione di un unico parco che comprenda le aree protette richiamate. Tanto premesso, la naturale aggregazione di questi tre parchi costituirebbe la più vasta area protetta dell’Europa occidentale, avvalorando anche principi su cui si basa Rete Natura 2000 (attuazione della Direttiva Habitat 92/43/CEE), che è un sistema coordinato e coerente, una rete di aree destinate alla conservazione della diversità biologica. Ciò consentirebbe, oltre agli obiettivi di conservazione e valorizzazione delle risorse naturali, la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, basato sull’uso responsabile delle risorse finite (acqua, energia suolo, produzione di rifiuti), sulla promozione di attività economiche compatibili (agricoltura e turismo) e sulla valorizzazione della cultura delle tradizioni e delle tipicità locali. La rappresentazione dei tre parchi in un solo unicum rafforzerebbe, in chiave strategica, le potenzialità di un’area montana, concentrata nelle proprie energie economiche e competenze direzionali, che diventerebbe un grande polo attrattivo nel sistema geomorfologico euro-mediterraneo e ridisegnerebbe certamente sul territorio la presenza di nuove realtà istituzionali: Province, Comunità Locali ed altro, con il compito di governare, in un’aggiornata programmazione interregionale, quelle aree oggi diventate o ritenute impropriamente marginali. La lettura della storia geologica del massiccio montuoso dei tre parchi, altresì, non può essere compresa appieno se non inserita nel quadro più generale degli eventi culturali che, nel corso di qualche milione di anni, hanno portato alla conformazione paesaggistica e morfologica dell’Appennino meridionale e, più in generale, all’evoluzione geodinamica del Mediterraneo centrale. L’aggregazione istituzionale dei tre parchi costituirebbe, così, l’approdo coerente, a coronamento di una fervida stagione culturale in atto, ad un riconoscimento giuridico-amministrativo di un’area geografica, che, in larga massima, si identificherebbe con la Grande Lucania di una volta.