LIBERE PROFESSIONI, IN BASILICATA CRESCONO I REDDITI
È positivo anche il saldo assunzioni-cessazioni risultato superiore all’anno pre pandemia (2019)
Le libere professioni rialzano la testa, ma devono ancora fare i conti con le debolezze strutturali di un mercato del lavoro in continua evoluzione così dopo gli anni della pandemia, che ha inghiottito circa 75 mi- la liberi professionisti. Nel 2023 si registra un balzo di circa 10 mila unità, che nel complesso porta il numero di liberi professionisti a quota un milione e 360 mila unità, pari al 5,8% della forza lavoro e al 27% del lavoro indipendente in Italia: l’anno scorso sono stati creati oltre 62 mila nuovi posti di lavoro grazie all’aumento dei contratti a tempo indeterminato.
ASSUNZIONI E CESSAZIONI: SALDI POSITIVI
In Basilicata, nel 2023, si sono contate 4 mila e 83 assunzioni nei settori affini alle attività professionali: 592 in meno rispetto al 2019 (anno che precede la crisi pandemica) e 26 in meno rispetto al 2014. È quanto emerso dal nono Rapporto sulle libere professioni in Italia redatto da Confprofessioni. Settori delle attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e supporto: per la Basilicata, come per il resto d’Italia ad eccezione, ma non in riferimento al 2023, di Marche, Molise e Valle d’Aosta, i saldi occupazionali da lavoro dipendente risultano positivi in tutti e tre gli anni di rilevazione citati. In valori assoluti, ma relativi alle sole assunzioni, in Basilicata nel 2023 le stesse risultano inferiori a quelle attivate nel 2019, ma il saldo complessivo, invece, è più alto nel 2023 (381), rispetto al 2019 (314). Nell’anno pre pandemia Covid, le cessazioni furono 4 mila e 361, mentre nel 2023 risultarono, per come censite da Confprofessioni sui dati Inps, pari a 3 mila e 702. Il saldo lucano maggiore, tuttavia, è quello di 10 anni fa: nel 2014, risultò pari a 518. A livello nazionale, segnalato il notevole incremento della quota femminile, soprattutto nelle regioni meridionali, «che nello scorso anno conta circa 133 mila donne in più rispetto al 2010, mentre il numero di uomini è salito di circa 40 mila unità nello stesso periodo».
REDDITI: BUONE NOTIZIE
Passando ai redditi, in Italia a crescere non è stata soltanto la numerosità dei professionisti iscritti alla Gestione Separata Inps, ma anche i redditi. Per la Basilicata, emerge dai numeri una notizia positiva. Con riferimento ai professionisti che versano i contributi alla Gestione Separata Inps, come scenario nazionale, «si registrano importanti divari territoriali». I redditi più elevati si riscontrano in alcune regioni del Nord Italia, in particolare Trentino-Alto Adige, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Di converso, le regioni con i redditi più bassi sono Sicilia, Calabria e Campania; il divario reddituale Nord-Sud si attesta intorno a 6-7 mila euro. La dinamica dei redditi 2010-2019 è tendenzialmente negativa (-2,3% a livello nazionale), ma alcune regioni, prevalentemente del Centro-Sud, si sono sottratte a tale dinamica: si tratta di Basilicata, Calabria, Molise, Campania, Abruzzo e Liguria, dove i redditi dei liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata hanno registrato un lieve incremento. Tra il 2019 e il 2023 invece la crescita è estesa a tutte le regioni italiane: «Le variazioni più contenute si rilevano nel Lazio e in Emilia-Romagna (rispettivamente +3,6% e +3,8%) mentre all’opposto in Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Calabria e Abruzzo si registrano tassi di crescita superiori al 10%». La Basilicata, in sintesi, riporta variazioni positive a partire dal 2010. In riferimento al reddito medio annuo calcolato sulla media annua dei contribuenti della Gestione Separata Inps – Professionisti, il valore lucano nel 2010 era di 21 mila e 273 euro mentre nel 2019 era di 21 mila e 357 euro. In un contesto nazionale do- ve non ovunque si era registrato un aumento, comunque buona, seppur quasi impercettibile, la variazione percentuale dello 0,4% (2010-2019). Il dato lucano che sorprende è quello relativo alla variazione percentuale registrata per il 2023 in rapporto al 2019: più 12,6%. Dal reddito medio annuo di 21 mila e 357 euro nell’anno pre pandemia, ai 24 mila e 41 euro del 2023. Il 2023, se confrontato al 2010, ha fatto registrare una variazione positiva del 13%. Meglio, soltanto il Molise (+15% per reddito medio annuo di 23 mila e 510 euro al 2023), e la Calabria (+15% per reddito medio annuo di 22 mila e 503 euro al 2023).
IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO
Per quanto riguarda il macro contesto socio-economico, Confprofessioni ha ricordato come, in riferimento all’arco temporale 2002-2023 e alla fascia d’età 15-64 anni, «le regioni con il maggior deficit dovuto alla migrazione interna sono in particolare Basilicata (-6,2%) e Calabria (-5,3%), seguite da Molise (-4,8%) e Campania (-3,7%), mentre al polo opposto si colloca l’Emilia-Romagna, con un saldo migratorio interno positivo del 3,4%, seguita da Friuli-Venezia Giulia (+2,2%), Trentino-Alto Adige (+2,1%) e Lombardia (+2,0%)». Inoltre seppur con intensità diverse, tutte le regio- ni italiane registrano al 2023 saldi migratori con l’estero positivi, «ma in 3 regioni italiane questi apporti non sono sufficienti a compensare i flussi di popolazione in uscita verso le altre regioni italiane: è il caso della Campania, della Basilicata e della Calabria, che presentano saldi migratori totali negativi al 2023». Infine, se Lombardia, Toscana, Campania, Piemonte, Emilia-Romagna e Sardegna manifestano una forte capacità di tenuta sui propri residenti, trattenendo in loco oltre l’80% degli studenti che abitano nella regione, viceversa, «le regioni meno capaci di rispondere alla domanda di istruzione terziaria espressa dai propri residenti sono Basilicata (27,6%) e Valle d’Aosta (28,3%), seguite, seppur con un certo distacco, da Molise (42,3%), Provincia autonoma di Trento (48,8%) e Provincia autonoma di Bolzano (55,8%)». Da questi ultimi dati, come suggerisce Confprofessioni, emerge innanzitutto un tema dimensionale: «Le regioni che più faticano a trattenere in loco i propri studenti sono le regioni più piccole, in ragione di un’offerta di corsi che non arriva a coprire tutte le aree e specializzazioni».